Focalizzare perchè le cose funzionano, prima di affrontare il come lo facciano; concepire il mondo come un insieme di relazioni di cui bisogna conoscere le regole, piuttosto che come un eterogeneità di “cose” da usare; accettare la complessità, comprendendo che non deve essere necessariamente complicata.
Sono questi i punti essenziali della vision di T-Campus, quella che abbiamo voluto raccogliere all’interno del claim: look inside the box, think outside the box. Alla fine aggiungeremo qualcosa sulla T del nome, che (spoiler) vuole richiamare il modello delle T-skill, ma alla base del nostro approccio c’è un aspetto preliminare che vogliamo illustrare con una storia.

Chi ha avuto a che fare con bambini molto piccoli (figli, nipoti o altro…) sa benissimo che, ad un certo punto, faranno richieste impossibili, frignando e sbattendo i piedi. Per esempio chiederanno un gelato alle 2 di notte, quando tutte le gelaterie sono chiuse. Questo perchè da bambini non si coglie il quadro generale: non c’è nessuna volontà di non accontentarli ma esiste il fatto oggettivo che le gelaterie sono chiuse.
Nel panorama della formazione (e della divulgazione in genere) ci si trova dinanzi a questo paradosso: la rivoluzione tecnologica degli ultimi anni ha modificato profondamente tutti gli scenari: sociali, politici, economici ed anche personali. Ha cambiato le regole del gioco.
Giovani in cerca del loro futuro, startupper alle prese con il loro progetto, manager che ogni mattina devono trovare nuove soluzioni per la loro impresa, amministratori pubblici che cercano di stare a passo con le trasformazioni dei loro territori; tutti hanno la perfetta percezione che serve una risposta nuova, ma nessuno vuole accettare che non esiste una risposta preconfezionata.
Il problema è che questo può apparire un atteggiamento pericolosamente simile al bambino che vuole il gelato alle 2 di notte. Perchè anche in questo caso non c’è alcuna volontà, nessun amore per la complessità o vezzo da intellettuale: semplicemente, in un mondo fatto di relazioni e di interazioni gestite e amplificate da sistemi digitali non può esistere una risposta.
La velocità della trasformazione, oggi, è tale che ogni volta che troviamo una risposta è stata già superata da una nuova domanda.
Se poi affrontiamo il modello competitivo la situazione è ancora più chiara ed evidente e, come abbiamo voluto mettere anche in home page, a dirlo è un uomo che, sicuramente, ha compreso molte cose del mondo digitale.
Le ragioni di T-Campus
Vediamo, in un breve video, il percorso formativo di T-Campus, i principali problemi che intende affrontare e le soluzioni che vuole proporre.
In tempi così veloci e mutevoli, non c’è altro modo che reinventarsi continuamente. L’unico vantaggio sostenibile che puoi avere sugli altri è l’agilità, tutto qui. Perché nient’altro è sostenibile, qualsiasi cosa tu possa creare, qualcun altro la replicherà.
Jeff Bezos – fondatore di Amazon
Attenzione al termine agilità: in italiano ha un senso ampio, quasi poetico ma quando parliamo di organizzazioni, Agile diventa un termine specifico, perfettamente codificato e di cui parleremo molto.
Rispetto gli effetti della trasformazione digitale, purtroppo, sembra si siano delineati due modelli di pensiero che polarizzano il dibattito e sono entrambi inadeguati. Proviamo ad identificarli con due atteggiamenti estremamente diffusi
Probabilmente, se state leggendo queste parole, avete quanto meno la sensazione che entrambe siano strade quantomeno pericolose, se non palesemente sbagliate. Provare a fermare il futuro è stupido, accettarlo senza ragionarci sopra è da incoscienti. Ma come si affronta il futuro?

non si possono trovare soluzioni usando gli stessi schemi che hanno generato i problemi
ALBERT EINSTEIN
Quella immediatamente sopra è la classica frase da postare su Facebook. Il problema è che le parole di Einstein vengono spesso decontestualizzate e ci si dimentica che le pronuncia uno scienziato e per lui è naturale, quasi scontato ragionare seguendo i crismi del metodo scientifico. Per continuare con questa ridda di citazioni chiamiamo in causa Piero Angela, nume della divulgazione scientifica italiana che ci ricorda come bisogna avere la mente aperta ma non tanto da farla cadere dall’altra parte.
Durante un periodo di profonda trasformazione questo è uno dei rischi maggiori: ovviamente serve abbandonare gli schemi di pensiero sorpassati ma, banalmente, non bisogna buttare il bambino insieme all’acqua. Accettare il nuovo senza se e senza ma ci porta a guardare ciò che giunge dal passato o dal sapere istituzionale come qualcosa di strutturalmente sbagliato. Un approccio ovviamente illogico ed è proprio in questa distorsione del pensiero dove proliferano terrapiattisti, novax, negazionisti dello sbarco sulla Luna, ecc…
L’innovazione è fatta di migliaia di scelte sbagliate per ogni passo in avanti, così come l’evoluzione funziona sulle spalle di un numero infinito di linee evolutive che non vediamo perché, per l’appunto, non si sono mai evolute. La conoscenza specifica di un settore è realmente produttiva per l’innovazione solo se supportata dall’accesso alla conoscenza di tutti i percorsi affrontati, quelli che hanno portato al successo e quelli infruttuosi.
Diceva Thomas Edison: non ho mai fallito, ho scoperto tante strade sbagliate. Anche questa è una citazione usata spesso in maniera decontestualizzata e condivisa sui social a supporto dei praticoni che sperimentano in maniera naif. In realtà bisogna considerare che Edison viveva nel 1800 e provava a usare in modo innovativo un’energia, l’elettricità, di cui non si sapeva praticamente nulla. Ovviamente procedeva per tentativi. Pensate che se avesse avuto a disposizione le conoscenze attuali non avrebbe prima studiato come funzionava?
E in ogni caso, se oggi volessimo “migliorare” la lampadina, non sarebbe logico vedere che tentativi ha fatto Edison e che non hanno portato a nulla per evitare di ripeterli?
L’innovazione è fatta di mille errori per un successo. Diventa quindi essenziale evitare di ripetere errori già fatti e percorrere strade già battute inutilmente.
E questo ci porta alla nostra scelta: all’interno di T-campus troverete, nel tempo, molte proposte formative specifiche, focalizzate sulla risoluzione di specifici problemi e per lo svolgimento di specifiche azioni o funzioni. Ma la premessa deve essere generale e per questo, prima di affrontare gli argomenti specifici, riteniamo necessario affrontare un percorso che riparta dai fondamentali.
Quello che proponiamo è un approccio specialistico supportato da una robusta visione d’insieme, un doppio binario per un unico obiettivo: governare la trasformazione tecnologica.
Bisogna conoscere perfettamente le regole, per infrangerle in maniera corretta.
Dalai lama

I nostri percorsi
Porre le basi concettuali per comprendere pienamente i meccanismi della digital transformation. I nostri corsi preliminari (gratuiti e on demand) servono esattamente a questo.
Per disegnare completamente la vision di T-Campus rimane da spiegare un ultimo particolare: cosa significa quella T nel titolo. Lo abbiamo detto, il riferimento è alle T-skill o, per usare il nome più corretto, T-shaped skill, competenze a forma di T.
Come si vede il centro di tutto è proprio questa lettera, che riassume graficamente il nuovo modello di competenze adatte agli scenari digitali:

T-shaped skill
Il modello delle T-skill, come vedrete, è essenziale per affrontare un altro ambito che si fonde intimamente con la nostra vision: i nuovi modelli organizzativi e di progettazione delle idee.
I corsi all’interno di T-Campus aderiscono a questo modello e sono costruiti per fornire, insieme alle competenze verticali specifiche di ogni proposta, le competenze di base per dialogare con gli asset collaterali al proprio campo d’azione.
Ci sarebbero altri termini interessanti da affrontare per dipingere con esattezza la vision di T-Campus, e lo faremo attraverso l’Abbeccedario del Digitale, una sorta di glossario commentato delle parole che dipingono la digital disruption. Design thinking, growt hacking, business model e tanti altri. Termini che troppo spesso vengono confusi come vezzi markettari e che, in realtà, contengono il senso profondo della trasformazione innescata dalle nuove tecnologie.
Ma il termine che è davvero al centro del nostro mondo di intendere i modelli organizzativi necessari a gestire lo scenario digitale è indubbiamente Agile.

Cos’è Agile
Rappresenta un modo diverso di intendere un’organizzazione ed un ciclo produttivo, un modello che parte da una presa d’atto: il mondo è troppo veloce per accettare ancora strutture monolitiche e rigide.
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